A che ora è la rivolta in Italia?
“Il Paese avrà nei prossimi mesi uno shock economico che potrebbe portare” a “disordini, rivolte. Qualcosa che non può essere dominato dalla politica”. Così in un’intervista sul blog di Grillo Gianroberto Casaleggio che prevede “non una guerra civile”, ma “situazioni difficilmente controllabili dal punto di vista dell’ordine pubblico”.
Cosa c’è di sbagliato in questa riflessione?
Potenzialmente nulla se non fosse che chiamati a compiere il gesto non sarebbero: ucraini, egiziani, siriani, libici, spagnoli, greci – che hanno dimostrato di avere la forza e il coraggio di scendere in piazza – ma gli “italiani”.
Un meraviglioso popolo di “salvatori di se stessi”, di “parcheggiatori in doppia fila”, di “facebookiani rivoltosi”, di “furbetti di quartierino”, ma anche di “comodi tifosi di calcio”, di “inguaribili atleti di calcetto del giovedì”.
Tranquilli, non accadrà nulla.
Non accadrà nulla perché siamo un Popolo molto giovane, messo insieme per forza, mai coeso e con insanabili fratture culturali.
Gli interessi dei Veneti possono essere gli stessi dei Siciliani? Gli interessi dei Trentini possono essere gli stessi dei Calabresi?
Le 28 mila guardie forestali sicule, mal equipaggiate e per questo non usate sul campo ma regolarmente stipendiate, perché mai dovrebbero scendere in piazza?
Togliamo chi è direttamente o indirettamente coinvolto in attività criminose, circa due milioni di persone; togliamo chi lavora direttamente o indirettamente in politica, circa seicento mila persone, togliamo le nostre forze armate, fedeli allo Stato ma mal equipaggiate, cosa ci rimane? I tre milioni di dipendenti pubblici che non riescono ad arrivare a fine mese e che “la spesa per una rivolta non rientra nel budget familiare”?
Sui giovani non possiamo contare, sono partiti per l’estero o in coda in stazione.
Chi partecipa alla rivolta?
Voi starete pensando ai No Tav, a coloro che sono costretti a lavorare tutta la settimana e “giustamente” fanno gli assalti il sabato sera e i cortei la mattina della domenica (vedi week end di ieri) per non chiedere permessi sul lavoro, in quanto precari.
Sbagliato.
Troppo impegnati, hanno l’agenda piena.
Insomma non resta nessuno!
Le persone oggi preferiscono suicidarsi perché avvertono di esser sole, perché i loro problemi servono solo per i tre minuti di un servizio televisivo e i venti minuti successivi di accesa discussione tra politici e sindacalisti, poi tutti insieme a cena.
Ed io, perché non scendo in piazza?
Perché è un tempo non fatturabile e sono uno schiavo con iva.
Questa è l’Italia.