L’Italia e la sua perduta umanità
Da ragazzo sono cresciuto nel mito che l’Italia fosse il paese dell’ospitalità, della solidarietà cattolica, della responsabilità e del timore di essere tacciati nella Società come “debitore” o peggio come “mascalzone”.
I miti purtroppo si infrangono ed ora seguendo i fatti di cronaca, complice il mese festivo, ci si accorge che l’Ialia non è più terra di sentimento piuttosto è diventata terrà di arrembaggio.
Non mi soffermo nel richiamare gli illuminanti esempi della Casta dalle mille teste: politici, professionisti, medici, imprenditori, sindacalisti queste sono le categorie che hanno beneficiato di un libro sul tema; non mi soffermo sui quotidiani esempi che vanno dallo scontrino fiscale non stampato, al furtarello del panettiere che ti pesa il pane ancora caldo (quindi più pesante), per arrivare all’autista che ti consegna un biglietto per il Lido già smarcato per appropriarsi di un euro della corsa…questi siamo in grado di vederli tutti.
Vorrei riferirmi al clima di assoluta “regressione” che stiamo vivendo, non vi accorgete che si percepisce un’atmosfera da “1997 Fuga da New York”, memorabile film diretto da John Carpenter in cui si descrive una società, senza regole e senza tutele, in cui solo il “più forte è in grado di sopravvivere”?
In questo contesto provo a trovare un solo organismo dello Stato che sia ancora pulito e senza sospetto.
Ho difficoltà, credetemi.
La regressione si sconfigge con un’azione verso l’alto che sia inversamente contraria, una forza di orgoglio, una forza che purtroppo deve necessariamente cadere nella rigidità dei contenuti, che sia garantista ma meno ingenua, che sia onesta nei fatti, credibile verso i giovani, sincera verso se stessa e che porti all’alba di una nuova società italiana in cui non pensare di fuggire lontano.