Google e la giustizia privata indotta
Vi è un “Protocollo per la segnalazione e la cooperazione» degli abusi su internet”, lo sigla Google con l’associazione Vividown, a cui era iscritto il ragazzo deriso e vittima di bullismo, protagonista del filmato su youtube, oggetto della sentenza del Tribunale di Milano, sezione penale, che ha visto la condanna di alcuni dirigenti di Google.
L’accordo prevede che il motore di ricerca metterà a disposizione una via dedicata affinchè Vividown possa segnalare a Google i video che ritiene offensivi o dai “contenuti inappropriati”.
Il protocollo non è finalizzato ad azioni censorie, assicurano i rappresentanti di Google, la finalità si basa nella promozione di “azioni educative”.
Questa azione educativa potrà essere estesa ad altre associazioni in difesa dei disabili e, previa comunicazione a Google, consentire loro l’utilizzo della procedura privilegiata finalizzata ad eliminare filmati dai contenuti inappropriati.
Ed ecco le mie riflessioni: mi sembra a rigor di logica che questa soluzione sia politica corretta ma molto meno sotto il profilo dato dal rispetto dei diritti.
“Google resta paladina della libertà…ma il compito di censurare lo fa promuovere agli altri” questa é la soluzione politica che stranamente viene offerta ad un’associazione che ha vinto un processo penale in primo grado e dove in appello potrebbe decidere di far sentire, un po’ meno, il proprio peso.
Io credo in uno Stato di diritto in cui, secondo il principio costituzionale il potere giurisdizionale viene attribuito alla magistratura togata. Altre soluzioni dettate dal malfunzionamento della Giustizia, oggi in Italia, non sono auspicabili.
Se i tempi di risposta di un magistrato nell’era di Internet sono troppo lunghi, miglioriamo le procedure, creiamo sezioni ad hoc ma non affidiamo a privati forme di giustizia e attività censorie.
Adesso mi aspetto che entri un’associazione che segnali gli abusi sugli animali, sui bimbi, sul diritto d’autore, sull’ambiente, sul pensiero scolastico, sul calcio, sui diritti delle casalinghe e sulla libertà religiosa….
Immaginate un’associazione che indichi a Google che c’è un filmato in cui un bambino balla sulle note di “Waka Waka” e non risulta pagata la tassa alla SIAE…immaginate un video con delle opinioni religiose non in linea con un’associazione cattolica, immaginate un video in cui si ironizza su di un determinato partito politico…anche qui ci sará un’associazione pronta a a far giustizia privata.
Ma infine chi controllerà i controllori?
Google!!! Perchè ha sempre una soluzione ammiccante, come nella foto, per la quale gli utenti “impazziscono”…